Personaggio popolare, poeta e cantastorie, nato (secondo alcuni) a Palermo il 3 febbraio 1898 o a Borgetto nel 1904? e morto il 13 maggio 1943. Eroe ironico e beffardo, simbolo di una città che non si piega agli ordini, nella Palermo del fascismo e della guerra dove il fuoco illuminava la città con i bombardamenti, Giuseppe Schiera accendeva gli animi dei suoi concittadini con le sue frasi ed espressioni.
Originario della borgata di Tommaso Natale, irregolare sin da ragazzo, indolente per atteggiamento durante la prima guerra mondiale, antimilitarista, vive, poi, da barbone in una grotta del Pellegrino. Si sposa, Dio sa solo come, e va ad abitare nella ipercromatica e ipersonora piazza Ballarò. Decide “ di mettere a frutto le sue capacità intrinseche di abballavirticchiu e quelle di scatenato improvvisatore di rime “. Divenne uno dei personaggi più popolari della città nel periodo tra le due guerre per merito delle sue rime satiriche e delle sue filastrocche, che egli soleva improvvisare e recitare per le strade del centro storico fra Ballarò e la Vucciria e con le quali intratteneva e divertiva i cittadini che avevano la ventura di incontrarlo.
Questo artista del passato, povero e burlone, che possedeva soltanto un leggìo e le sue parole in rima, parole che nascevano dalla strada e si riversavano sulla strada, raggiungendo la povera gente, straziata dal conflitto e dal regime soffocante. Una voce fuori campo di ironia e forse inconsapevole denuncia, che era una nota stonata alle orecchie dei camerata in divisa per le vie di Palermo, ed è per questo che Schiera, che si dichiarava militante nel “Partito del pititto”, venne spesso rinchiuso in camera di sicurezza all’Ucciardone, o sottoposto a punizioni corporali come quella di bere l’olio di ricino.
I suoi recital estemporanei iniziavano sempre con le parole “Aiutàti a Peppi Schiera ch'è 'a fabbrica du pitittu”.
Tra i versi più noti delle sue filastrocche, pazientemente raccolte dallo scrittore e autore teatrale palermitano Salvo Licata, ricordiamo i più divertenti: “Evviva a banniera” (Sugnu sempre iu / Giuseppi Schiera / Mi iccaru ngaliera / mi rumpieru a cachiera / vippi nna suppiera / manciavu nna nzalatiera / Evviva a banniera); “Ora è mperaturi” (Quannu u re era re / mancava u café / ora è mperaturi / e manca u caliaturi / e si pigghiamu natru statu / manca puru u surrogatu); “Bollettino di guerra” (Un aeroplanu / italianu / bombardò / un carritteddu a manu. /Una navi chi traspurtava mini / fu assicurata a corpi i tappini. / Na curazzata / ra nostra armata / si scuntrò cu na pignata / e ristò tutta ammaccata / Cu? / a curazzata!).
Morì vittima dei bombardamenti il 13 maggio 1943. Una scheggia (si racconta), mentre frettolosamente sta attraversando la via Perez, nel fendere l’aria affocata dal metallo, lo uccide, spegnendo, così, per sempre, il canto di questo singolare “poeta”.
La moglie, Margherita Vaccaro, dopo la sua morte, bruciò i migliaia di foglietti sui quali aveva riportato le sue rime, per timore di ritorsioni da parte del regime fascista.
[fonte PalermoRicordi]
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