Messina

lunedì 26 aprile 2010

Una vecchia canzone registrata su nastro (quei nastri stile pizza) con un registratore “geloso” in un pomeriggio passato in casa con una decina di ragazzi tirati fuori da una situazione incresciosa e ridicola, generata “da babbaria” del loro accompagnatore, diciamo che aveva peccato di “eccesso di fiducia” unita a una buona dose di megalomania (il marchio di fabbrica della dinastia da parte materna, mi va di culo che ho ereditato per intero il DNA paterno), il suo orgoglio deve essere andato in frantumi non per la situazione creatasi, ma per essere stato tirato fuori dai guai “dalla pecora nera della famiglia”, che a ogni infornata di ragazzi che salivano nelle macchine per essere distribuiti nelle nostre case in attesa del treno che li riportasse a Messina, si sganasciava dicendo: Ok, altri ostaggi liberati.

Guardando lo scempio della mia città mi e’ venuta in mente quella giornata e quei ragazzi che si sono esibiti a mio uso e consumo davanti a un registratore, creandomi un nodo di commozione alla gola, oggi la canticchiavo, malignamente ho concluso…

…e tinni stai calannu o funnu, provincia babba eri e provincia babba resti.

Messina è un territorio senza radici etniche, una città che non ha cittadini propri che ne difendano la storia, Messina esiste, i Messinesi no, mi spiego con un sunto di storia.

Messina vede la luce nel 735 a.C. col nome ZANCLE che significa FALCE, dalla forma del suo porto, appunto a forma di falce.

Sulle origini etniche dei primi abitanti del territorio non c’è univocità: Siculi, Greci, Calcidesi, Cumani.

La sua posizione geografica la rende appetibile, a partire dal 494 a.C., a cicli storici costanti viene rasa al suolo e caparbiamente ricostruita, subisce una lunga serie di colonizzazioni, cominciano nel 494 i Milesi, 475 Anassilla che le cambia il nome in MESSENE prima e MESSANA dopo, 426 Ateniesi, 425 Siracusa, nel 396, rea di aver appoggiato ACRAGAS viene prima saccheggiata e poi distrutta fino alle sue fondamenta dai Cartaginesi.

Viene riedificata dal tiranno di Siracusa Dionisio che, per difendersi da altri attacchi fonda due rocche che guardano il mare, Tindari e Taormina, nel 282 viene invasa dai Mamertini che nel 264 la elargiscono ai Romani di Appio Claudio.

Nel 48 passa Giulio Cesare, nel 36 Sesto Pompeo ci fa una sosta stabilendovi il suo quartier generale nella guerra contro Ottaviano, questo vale a Messina un declassamento a “municipio romano”, ciò non toglie che resta una città florida e prospera, tutto questo Avanti Cristo.

Dopo Cristo.

468 passano i barbari di Genserico, re dei vandali, nel 476 Odoacre re dei Goti, segue il bizantino Belisario, inviato da Giustiniano, passa dal dominio Bizantino a quello degli imperatori romani di Bisanzio che restano fino all’831, anno della definitiva occupazione Araba, una tregua che finisce nel 1060 con la calata dei Normanni, nel 1266 una capatina la fanno gli Angioini, nel 1282 un’occhiata la danno gli Aragonesi, nel 1342 tornano gli Angioni, nel 1392…a rieccoli, gli Aragonesi, altra tregua.

Nel 1600 la città conta 120 mila abitanti, nel 1659 arrivano i Borboni e tra rivolte sedate nel sangue ed esiliati, la popolazione si riduce a 11 mila abitanti, nel 1702 un indulto permette ai fuorisciti di tornare, dal 1734 tutta la Sicilia e’ sotto il dominio dei Borboni.

Tregua? Naaa…nel 1743 viene colpita dalla peste, 40 mila morti, il tempo di prendere fiato e nel 1783 un terremoto ne ammazza altri 7 mila, Messina prende parte alle rivolte per far sloggiare i Borboni e dal 1861 una tregua, quella bastante a rimpolpare il numero degli abitanti.

Il 28 dicembre del 1908 viene sbriciolata, rasa al suolo da un violento terremoto, 60 mila morti, all’inizio del 1909 Messina conta 5 mila abitanti.

Lentamente rinasce, direte, finalmente è finita, ma va…tra il 1940 e il 1943 le piovono addosso 30 mila bombe tutte esplose.

Col dopoguerra comincia la tregua, la ricostruzione, l’economia che tiene attraverso i collegamenti dei traghetti tra Messina, Reggio Calabria e Villa S.Giovanni, i Cantieri navali Rodriguez, l’avvento di una linea privata dei traghetti, Caronte, il miraggio del lavoro attira gente dalla Calabria e dall’entroterra della Sicilia, il che significa che il Messinese come etnia non esiste, la città si, il cittadino no. Esiste l’immigrato stanziale che non ha potuto dare vita a una dinastia in quanto, tra invasioni, saccheggi, dominazioni di ogni tipo, emigrazioni, il messinese con radici storiche non esiste, il mio dialetto e’ la testimonianza di quanto affermo, la scatola in dialetto messinese è “buatta”, in francese “boat” e vi risparmio il resto.

La città è abitata da apolidi stanziali, quelli che, trovato il posto che procura cibo vi piantano quattro assi, un tetto di lamiera e va bene così, le baracche si vendono, chi esce dalla baracca per entrare in una casa popolare, vende la magione perpetuando i “quartieri signorili”, il mondo politico sa e non muove un dito, nessuno si priva di un serbatoio di voti garantito dall’assistenzialismo.

Amo la mia città come un’amante ama una donna che sa dover condividere, l'ama ma con astio, andandomene non sono riuscita a buttarmi dietro le spalle il fatidico pugno di sale che nella tradizione Messinese significa “a mai più ritornare”, la mia infanzia e la mia adolescenza sono radicate la, ma non posso non criticare le scelte scellerate che ha fatto, consegnarsi mani e piedi a una classe dirigente clericale, reazionaria e in qualche caso mafiosa, tutto inizia con la ricostruzione del dopoguerra e con il boom economico italiano, a partire dagli anni sessanta la speculazione edilizia dissennata e selvaggia costruisce sulle pendici delle colline sabbiose dei monti S. Rizzo. Quello che è successo a Giampilieri è solo la conseguenza del malaffare, quello che succederà con la prima colata di cemento che darà vita al ponte…andate a visitare Torre Faro, Ganzirri e quella parte di costa, prima che vada a fondo, del resto, per Messina non ci saranno “Porte a Porte”, sono sicura che Bertolaso se n’è andato tranquillo, qualcuno deve averlo rassicurato dicendogli:

TRANQUILLO, MESSINA COSA NOSTRA E’.

A me sale una sola invettiva contro gli amministratori dell’Isola parafrasando "cavalleria rusticana":

Aviti aviri na malanova o ionnu fino a quannu campati.

[fonte: Tina]

[foto: Uber]

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Siracusa

lunedì 19 aprile 2010

Storia
Fondata dai greci ai tempi dei Greci è Patrimonio all’unanimità Unesco dal 2005: tutti infatti sono stati concordemente felici di potersi appropriare dei fondi in moneta sonante attribuiti annualmente dalla nota Organizzazione Onu alle casse comunali e/o provinciali.
Ha l’aquila nello stemma, con l’ala sinistra chiusa, come se da quella parte non ci possa essere speranza di volare: la città, infatti, è stata quasi sempre amministrata dall’altra ala.
Il suo nome deriva dall’abbondanza delle sue acque: effettivamente l’urbe fa acqua da tutte le parti.
Al nucleo originario di Ortigia si sono aggiunti, nell’età antica, quelli di Acradina, Tiche, Neapoli ed Epipoli per cui, in greco ed in latino, è tutto al plurale: le Siracusae, le discariche, le monnezze, le paludi acquitrinose e le zanzare, le buche per le strade, ecc, ecc.
Comunicazioni
Difficilissima da raggiungere per la scarsità di collegamenti ferroviari, marittimi ed aerei può vantare comunque anche la totale carenza di trasporto pubblico locale, di parcheggi, di piste ciclabili, di verde pubblico.
Abbondano invece le rotatorie che contribuiscono a rendere più trafficate le già congestionate vie della città che, grazie all’impegno ed alla temerarietà culturale dei vari urbanisti che si sono succeduti nel tempo, si diramano “ad muzzum” (“a casaccio” per i non addetti ai lavori) intrecciandosi in fantasiosi arabesque sul territorio comunale.
Demografia
Siracusa conta circa 125.000 abitanti, tutti fermi in doppia fila o al centro della carreggiata se incrociano un parente o un amico da salutare.
Cultura e turismo
Corre voce tra la popolazione che annualmente, nel locale Teatro Greco, si tengano delle Rappresentazioni Classiche cui assistono stravaganti individui provenienti da altre zone d’Italia.
L’evento viene avvertito dai cittadini nelle zone limitrofe al Teatro a causa di una anormale perturbazione del caos veicolare e dalle presenza di uomini in divisa bluette fermi agli angoli di quelle vie. Pare si tratti di appartenenti ai segretissimi corpi di Polizia Municipale, di cui pur si narra l’esistenza, in una delle loro rarissime apparizioni.
Nonostante l’impegno profuso generosamente dalla popolazione tutta, dai commercianti e dagli operatori turistici e culturali per scoraggiare la loro presenza, è ancora possibile notare fastidiosi gruppi di visitatori stranieri che bighellonano spericolati durante tutto il giorno per le vie della città.
Pur registrando la presenza della pianta di papiro, da cui si possono ricavare fogli utili alla scrittura, in città c’è poco da leggere, a parte i numerosi cartelloni pubblicitari.
Economia e ambiente
Fiorente è l’industria del petrolio che, in onore alla raffinatezza dei gusti locali, viene chiamata “raffineria”. L’occhio pubblico è certamente rivolto all’ecologia ma l’orecchio, da questo lato, non ci sente. Molto diffusa la raccolta differenziata: plastica e vetro al tempio di Apollo, carta e cartone in quello di Zeus, umido e liquami alla riserva marina. Il resto va per strada.
Sport
Grandi e numerosi gli impianti sportivi, denominati “centri commerciali”, dove adulti e bambini possono praticare la “camminata” giornaliera in ambienti a microclima protetto e controllato.
Ricorrenze
Santa Lucia è la patrona della città; pare che quando l’ha saputo non ci ha visto più dagli occhi.
Gastronomia
Ottime le granite con la brioche a colazione, specialmente quella di mandorla canadese.
Mafia
C’è.

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Giuseppe Schiera (Palermo, 1898-1943)

venerdì 19 febbraio 2010

Personaggio popolare, poeta e cantastorie, nato (secondo alcuni) a Palermo il 3 febbraio 1898 o a Borgetto nel 1904? e morto il 13 maggio 1943. Eroe ironico e beffardo, simbolo di una città che non si piega agli ordini, nella Palermo del fascismo e della guerra dove il fuoco illuminava la città con i bombardamenti, Giuseppe Schiera accendeva gli animi dei suoi concittadini con le sue frasi ed espressioni.

Originario della borgata di Tommaso Natale, irregolare sin da ragazzo, indolente per atteggiamento durante la prima guerra mondiale, antimilitarista, vive, poi, da barbone in una grotta del Pellegrino. Si sposa, Dio sa solo come, e va ad abitare nella ipercromatica e ipersonora piazza Ballarò. Decide “ di mettere a frutto le sue capacità intrinseche di abballavirticchiu e quelle di scatenato improvvisatore di rime “. Divenne uno dei personaggi più popolari della città nel periodo tra le due guerre per merito delle sue rime satiriche e delle sue filastrocche, che egli soleva improvvisare e recitare per le strade del centro storico fra Ballarò e la Vucciria e con le quali intratteneva e divertiva i cittadini che avevano la ventura di incontrarlo.
Questo artista del passato, povero e burlone, che possedeva soltanto un leggìo e le sue parole in rima, parole che nascevano dalla strada e si riversavano sulla strada, raggiungendo la povera gente, straziata dal conflitto e dal regime soffocante. Una voce fuori campo di ironia e forse inconsapevole denuncia, che era una nota stonata alle orecchie dei camerata in divisa per le vie di Palermo, ed è per questo che Schiera, che si dichiarava militante nel “Partito del pititto”, venne spesso rinchiuso in camera di sicurezza all’Ucciardone, o sottoposto a punizioni corporali come quella di bere l’olio di ricino.
I suoi recital estemporanei iniziavano sempre con le parole “Aiutàti a Peppi Schiera ch'è 'a fabbrica du pitittu”.
Tra i versi più noti delle sue filastrocche, pazientemente raccolte dallo scrittore e autore teatrale palermitano Salvo Licata, ricordiamo i più divertenti: “Evviva a banniera” (Sugnu sempre iu / Giuseppi Schiera / Mi iccaru ngaliera / mi rumpieru a cachiera / vippi nna suppiera / manciavu nna nzalatiera / Evviva a banniera); “Ora è mperaturi” (Quannu u re era re / mancava u café / ora è mperaturi / e manca u caliaturi / e si pigghiamu natru statu / manca puru u surrogatu); “Bollettino di guerra” (Un aeroplanu / italianu / bombardò / un carritteddu a manu. /Una navi chi traspurtava mini / fu assicurata a corpi i tappini. / Na curazzata / ra nostra armata / si scuntrò cu na pignata / e ristò tutta ammaccata / Cu? / a curazzata!).
Morì vittima dei bombardamenti il 13 maggio 1943. Una scheggia (si racconta), mentre frettolosamente sta attraversando la via Perez, nel fendere l’aria affocata dal metallo, lo uccide, spegnendo, così, per sempre, il canto di questo singolare “poeta”.
La moglie, Margherita Vaccaro, dopo la sua morte, bruciò i migliaia di foglietti sui quali aveva riportato le sue rime, per timore di ritorsioni da parte del regime fascista.
[fonte PalermoRicordi]

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Sicilfiat (Termini Imerese 1970-2010)

sabato 6 febbraio 2010

Lo stabilimento Fiat di Termini Imerese è nato nel 1970, sulla spinta delle grandi lotte operaie che come principale rivendicazione poneva lo sviluppo del mezzogiorno. Prima il nome dell'impianto termitano era SicilFiat perché la Regione Siciliana, tramite la Sofis (l'ente di finanziamento alle industrie), deteneva il 40% delle azioni. Ma la partecipazione della regione siciliana fu breve, in effetti si esaurì nel 1977, dopo soli 7 anni. Lo stabilimento di Termini Imerese ha iniziato la produzione nell'Aprile del 1970 con la "500" in cui vi lavoravano solo 350 addetti. Nel 1974 le linee montavano la "126". Nel 1978 si passa alla produzione della panda e il numero degli addetti aumenta a quota sopra 1.500. Negli anni '80 del secolo xx, gli addetti passano a 3.200 senza contare gli operai dell'indotto. Tutto va bene fino al 1993, quando arriva la prima ristrutturazione che porterà migliaia di lavoratori in cassa integrazione a zero ore fino ad un taglio drastico dei posti di lavoro. Nel 2002 gli operai hanno avuto momenti di paura con la notizia ipotetica "cassa integrazione e chiusura dello stabilimento per un anno" e si era ipotizzato che lo stabilimento di Termini Imerese potesse essere riconvertito alla produzione di energia, un settore nel quale la Fiat è presente attraverso Italenergia e che i vertici del gruppo considerano strategico. Cosa che non avvenne. Nel 2004 fu messo in discussione lo stabilimento termitano, ma gli interventi delle forze politiche, delle istituzioni locali e del governo nazionale, imposero all'amministratore locale dell'epoca, Giuseppe Morchio, di firmare il piano di ristrutturazione. La Fiat con determinazione ha portato avanti il piano di ristrutturazione, i lavoratori hanno fatto la loro parte con notevoli sacrifici. Nel mese di Luglio del 2005, anno in cui si produce la seconda serie della Punto, arriva la seconda ristrutturazione e la Fiat decreta l'espulsione di 223 addetti. Dopo la ripresa, la Fiat si riprende con ottimi risultati sulle vendite delle auto. Ma alla fine del 2008, con l'abbattersi della crisi economica mondiale, arrivano nuovi problemi per l'azienda così per lo stabilimento termitano che è considerato la meno produttiva dagli analisti della Fiat con la quale hanno stilato una lista delle aziende con probabile chiusura per risparmiare. Il 2009 comincia male per lo stabilimento termitano con continui annunci di cassa integrazione, probabilità di chiusura per un tempo indeterminato e sospensioni di cassa integrazione che lascia in ansia i 1.900 operai.
Nel 2010, Sergio Marchionne amministratore delegato del Gruppo FIAT, ne annuncia costernato la prematura scomparsa. "Causa lunga e dolorosa crisi" ha affermato in un comunicato ufficiale alla stampa "si è spento lo stabilimento industriale di Termini Imerese. Ne piangiamo la scomparsa e ci uniamo al dolore della famiglia". Dove per lunga e dolorosa crisi si legga perché ci guadagniamo di più a far produrre auto nelle Filippine piuttosto che in Sicilia.

  1. Cronologia:
    1970: - Nasce la SicilFiat
    - Produzione della "500"
    - 350 addetti

    1974: - Produzione della "126"

    1978: - Produzione della "Panda"
    - Sopra 1.500 addetti

    Anni '80: - addetti a quota 3.200
    1993: - Prima ristrutturazione
    - Migliaia di operai licenziati
    - Produzione della "Panda" poi prima serie della "Punto"

    2002: - Ipotesi di conversione alla produzione di energia dello stabilimento di Termini Imerese, un settore nel quale la Fiat è presente attraverso Italenergia e che i vertici del gruppo considerano strategico
    - Notizie scoraggianti "cassa integrazione e chiusura dello stabilimento per un anno" (non avvenuto)
    - Protesta addetti

    2004: - Stabilimento messo in discussione
    - Intervento delle forze politiche
    - Firma del piano di ristrutturazione

    2005: - Seconda ristrutturazione
    - Produzione seconda serie della "Punto" poi della Lancia "Ypsilon"
    - Decreto di espulsione per 223 addetti
    - Addetti Fiat nella manifestazione nazionale
    - 1.500 adetti più 700 dell'indotto

    2006: - Traguardo di 4 milioni di autovetture prodotte

    2008: - Fiat in crisi con la crisi economica mondiale

    2009: - Stabilimento inserito nella lista come "Probabile chiusura"
    - Continue richieste e annullamenti della Cig
2010: - Lo Stabilimento viene dichiarato clinicamente morto.
- Gli operai e le loro famiglie sono preoccupati (e leggeremente incavolati) per il loro futuro
[fonte Himeraonline.it]

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Salvatore Cuffaro (Raffadali, 1958-2010)

lunedì 25 gennaio 2010

Storia di un presidente

Cresciuto in seno alla Democrazia cristiana e allievo di Calogero Mannino, Salvatore Cuffaro, oggi vice segretario nazionale dell’Udc, viene eletto per la prima volta deputato all’Assemblea regionale siciliana nel 1991, anno in cui si impone sulla scena regionale come terzo degli eletti all’Ars. Nel 1996 è assessore all’Agricoltura e foreste, carica ricoperta per cinque giunte consecutive (prima con il centro-destra come membro del Cdu, poi del centro-sinistra con l’Udeur). Un assessorato – si legge sul sito ufficiale del Presidente – che rappresentava «l’ultimo degli assessorati che avrebbe desiderato» ma che gli procura molta gratitudine dato che gli consente, tra l’altro, di erogare finanziamenti per diecimila miliardi di lire.Sono quelli gli anni in cui Cuffaro consolida attorno alla sua persona l’ampio consenso che lo consacrerà, nel luglio 2001, Presidente della Regione Sicilia con più di un milione e mezzo di preferenze. Il suo successo è tale che viene addirittura coniato un nuovo termine, cuffarismo, per esprimere la sua cifra politica, che lui spiega così ai giornalisti: «Io ascolto la gente. Mi interesso ai suoi problemi. Dicono che abbiamo usato il potere per rastrellare voti. Io sono rimasto in prima fila a parlare con la gente, con gli elettori. […]. Non è che gli risolvessi i problemi, ma almeno li stavo a sentire. Con affetto. Cosa mi chiedono? Di tutto. Come lei vede, la mia porta è sempre aperta. Io ho scritto sui facsimile anche il mio numero di cellulare, così bussano in tanti». Il Presidente ammette che il suo afflato umano potrebbe averlo portato a commettere “molti errori”, ma sostiene di non aver mai frequentato volontariamente persone sapendole mafiose e rivendica il diritto a intrattenere rapporti con pregiudicati per mafia, considerandolo espressione della propria formazione: «Ho sempre avuto culturalmente l’idea che la gente può sbagliare, paga il prezzo, in questo caso alla giustizia, e poi torna a fare il suo lavoro» ha detto ai pm. Tra i suoi errori, uno è rimasto celebre, quello di essere andato – giovane candidato alle regionali per la Dc – a cercar voti a casa dell’imprenditore Angelo Siino. Era il 1991 e Siino sarebbe stato arrestato da lì a poche settimane perché accusato di essere il “ministro dei Lavori pubblici di Cosa Nostra”. Eppure, nonostante le sue amicizie pericolose, Cuffaro piace a molti siciliani che lo eleggono Presidente con vastissimo consenso per ben due mandati consecutivi (contro Leoluca Orlando nel 2001 e contro Rita Borsellino nel 2006). Tra i suoi estimatori ci sarebbe anche Bernardo Provenzano, il quale secondo il collaboratore di giustizia Antonino Giuffrè lo avrebbe sostenuto per le elezioni regionali del 2001. Il vecchio boss corleonese avrebbe individuato in lui il cavallo vincente per la competizione elettorale, perché favorito anche dallo stile della sua politica “vecchio stampo clientelare” – così l’ha definita il collaboratore di giustizia – compatibile alle esigenze dell’organizzazione. Questa volta però la disinvoltura nei rapporti con elettori e sostenitori che contraddistingue il Presidente, non a caso soprannominato anche Totò Vasa-vasa (bacia-bacia), passata al setaccio dalla legge, sembrerebbe lasciarsi indietro qualche granello troppo grosso per attraversare tutte le maglie della responsabilità penale. Secondo i pm non si tratterebbe più solo di leggerezza nella selezione dei propri interlocutori. Vediamo qual è il quadro probatorio in base al quale i magistrati ne chiedono la condanna.
La “talpa” del Ros
Due sono le condotte contestate a Cuffaro. E la prima risale al periodo immediatamente precedente le consultazioni regionali del 24 giugno 2001. A qualche settimana dal voto, il futuro Presidente della Regione avrebbe appreso da una “talpa” della Procura che il suo amico Domenico Miceli (nel 2006 condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa), candidato all’assemblea regionale nelle liste dell’Udc, era stato intercettato mentre conversava con il medico di Brancaccio Giuseppe Guttadauro, già condannato per mafia e nuovamente nel mirino degli investigatori. Cuffaro avrebbe informato dell’accaduto l’interessato e per suo tramite anche il boss, consentendo a quest’ultimo di individuare la microspia e sottrarsi alle attività di indagine.La prova del passaggio di notizie e del ruolo del Presidente si troverebbe anzitutto nelle dichiarazioni rese al processo dalla stessa “talpa”, il maresciallo del Ros Giorgio Riolo. Riolo al momento dei fatti era il tecnico più qualificato di Palermo nell’applicazione delle moderne tecnologie alle attività investigative, il migliore sulla piazza, scelto per importanti operazioni di caccia ai latitanti al fianco del colonnello De Caprio (Capitano Ultimo), noto per aver catturato Totò Riina. Ma il sottoufficiale, come lui stesso racconta, pur nutrendo un’autentica passione per microspie e telecamere, avrebbe avuto la brutta abitudine di rivelare i segreti del suo reparto ad alcuni amici sotto osservazione. Riolo racconta che nell’aprile/maggio del 2001, quando il suo collega, il maresciallo Borzacchelli, gli comunica di aver presentato la sua candidatura alle regionali, in una lista d’appoggio al futuro presidente Cuffaro, lui non può fare a meno di sconsigliargli quella scelta. Gli rivela che sono in corso intercettazioni ambientali in casa Guttadauro e che più volte il boss è stato registrato mentre conversa con Domenico Miceli chiamando in causa Cuffaro. Questa rivelazione costituisce la prima fuga di notizie.
Il ritrovamento della microspia
Sarebbe poi stato Borzacchelli a spifferare tutto a Cuffaro. Secondo gli inquirenti anche il maresciallo dei Carabinieri era solito sfruttare la propria posizione per centellinare informazioni riservate, talvolta anche con modalità ricattatorie. Stando alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Francesco Campanella era proprio questo il suo ruolo nell’entourage di Cuffaro, il quale per le regionali 2001 avrebbe appositamente creato per lui la lista Biancofiore, perché venisse eletto all’Ars e lo proteggesse da eventuali indagini. La loro conoscenza risaliva già al 1999, anno in cui il maresciallo, come ammesso dallo stesso Cuffaro, aveva organizzato per lui, con la collaborazione di Riolo, un’operazione di bonifica nei locali dell’assessorato e della sua abitazione privata. Prova di un passaggio di informazioni tra Riolo/Cuffaro/Borzacchelli nei primi giorni di giugno è fornita dai contatti tra le utenze telefoniche (4 giugno Riolo/Cuffaro, 6 giugno Riolo/Borzacchelli e Cuffaro/Borzacchelli) rilevate dal consulente tecnico del pubblico ministero Gioacchino Genchi. Come questa soffiata sia giunta poi fino a Guttadauro lo avrebbe spiegato ai pm un altro amico del boss, il medico Salvatore Aragona (nel 2002 condannato in via definitiva per aver fornito un alibi al mafioso Enzo Salvatore Brusca, falsificandone una cartella clinica). Secondo la sua ricostruzione, confermata anche da testi di polizia giudiziaria, Aragona il 12 giugno 2001 avrebbe raggiunto Miceli presso la sua segreteria e lo avrebbe trovato agitato e preoccupato: era stato avvisato da Cuffaro, informato da Borzacchelli, di essere sotto controllo a causa di una telefonata intercettata in cui Guttaddauro parlava con lui. A quel punto Aragona si sarebbe precipitato in via de Cosmi, a casa del boss, per avvertirlo. Ulteriore e significativa traccia di quanto era accaduto fino a quel momento è contenuta nelle battute del dialogo tra Aragona e Guttadauro registrato da una microspia nascosta nel salotto di quest’ultimo: Aragona spiega al padrone di casa di aver visto Miceli che gli ha detto di un’intercettazione, di cui non si conosce la natura telefonica o ambientale, ma soprattutto spiega al padrone di casa che a Miceli la rivelazione l’ha fatta Totò Cuffaro («a iddu Totò ci u disse»).Da quel momento Giuseppe Guttaddauro si attiva per scoprire di quale tipo di intercettazione si tratti e il 15 giugno, tre giorni dopo la visita di Aragona, è in grado di scoprire la microspia in casa sua e smontarla. Una registrazione avvenuta proprio durante le operazioni di bonifica, mentre ancora altre microspie erano in grado di trasmettere il segnale, sarebbe la riprova della responsabilità dell’imputato Cuffaro. Si sentirebbe, ma non tutti i periti concordano sull’interpretazione, la moglie del boss, la signora Gisella Greco, che di fronte alla scoperta della microspia esclama: «Ragioni veru, ragioni avìa Totò Cuffaro» («Ragione veramente, ragione aveva Totò Cuffaro»).
Appuntamento in Regione
La seconda condotta contestata è invece relativa a due episodi dell’ottobre 2003. Epoca in cui il Presidente ha già ricevuto un avviso di garanzia perché indagato in merito alla vicenda Guttadauro. Principale destinatario della fuga di notizie è in questo caso Michele Aiello, nonché Giorgio Riolo e il maresciallo della Guardia di Finanza Giuseppe Ciuro, uomo della Dia e collaboratore del pm Antonio Ingroia. Anche Ciuro, come Borzacchelli e Riolo, avrebbe fatto parte della rete di “talpe”. L’ingegnere Aiello, lo abbiamo già detto, è uno dei più ricchi imprenditori siciliani, nato come costruttore edile e fondatore, tra le altre società, di “Villa Santa Teresa - Diagnostica x immagini” e “Atm”, centri d’avanguardia nel settore della radioterapia e diagnostica per immagini che sorgono a Bagheria. Aiello è stato accusato dal collaboratore di giustizia Antonino Giuffrè di essere nelle disponibilità di Cosa nostra e “il fiore all’occhiello” di Bernardo Provenzano, ma lui si è sempre difeso sostenendo di essere vittima di una situazione che in Sicilia non lascia alternative. Secondo i pm ci sarebbe stato un accordo di reciproca utilità tra Aiello e la mafia in nome del quale l’ingegnere, come controprestazione dell’aiuto ricevuto da Cosa nostra per affermarsi economicamente, avrebbe versato ingenti somme di denaro alla famiglia di Bagheria, assunto personale segnalato dall’organizzazione e fornito ad alcuni membri del sodalizio imformazioni sulle attività investigative in corso, rivolte in particolare alla cattura dei boss latitanti Matteo Messina Denaro e Bernardo Provenzano. Il 20 ottobre 2003 Salvatore Cuffaro avrebbe convocato in Regione un collaboratore di fiducia di Michele Aiello, tale Roberto Rotondo per discutere di alcune questioni relative ai rimborsi tariffari per le cliniche dell’ingegnere (Aiello e altri imputati del processo sono accusati di aver manipolato le richieste di rimborso al punto da truffare lo Stato per centinaia di migliaia di euro). Il Presidente avrebbe chiosato la conversazione rivelando a Rotondo dell’intercettazione di una telefonata tra Giuseppe Ciuro e l’ingegnere Aiello per cui Ciuro sarebbe indagato, e di indagini a carico di «un certo Riolo». Lo stesso Rotondo ha raccontato l’incontro ai pm, precisando che il presidente prima di licenziarlo gli avrebbe raccomandato di «dire all’ingegnere» quanto gli era stato riferito. La sera del 20 ottobre si registrano diverse telefonate tra Aiello/Ciuro/Riolo/Rotondo che riscontrano quanto già dichiarato da quest’ultimo ai magistrati. Una, la più significativa, con inizio alle 21:23, registra le voci di Aiello, Ciuro e Aldo Carcione, cugino e socio di Aiello, mentre commentano la notizia appena ricevuta da Cuffaro e si propongono di verificarla con le loro fonti. Dice Aiello: «Roberto [Rotondo, ndr.] praticamente l’ha incontrato oggi pomeriggio al Presidente e lui stesso gliene ha parlato. Dice che sta... lui è stato tutto il fine settimana a Roma e ha attinto queste notizie da lì». I tre si mostrano scettici, ma si ripropongono di stare più attenti e Carcione consiglia Ciuro: «Cominciati a taliarti» («comincia a guardarti le spalle»).La preoccupazione è tale che da lì a qualche giorno Aiello, Riolo, Carcione e Ciuro si fanno un “regalo”, ossia nuove utenze telefoniche riservate per parlare con la tranquillità di non essere intercettati. Ma Carcione fa un errore nell’utilizzo del nuovo cellulare e gli investigatori riescono a ricostruire in breve tempo anche la nuova rete clandestina, sui cui fili corrono conversazioni importanti per provare le circostanze e i fatti relativi a un terzo episodio contestato a Cuffaro.
Incontro nel negozio Bertini
Il 31 ottobre 2003 Salvatore Cuffaro incontra Michele Aiello presso il negozio di abbigliamento Bertini a Bagheria. Un appuntamento «in incognito» (secondo le parole di alcuni suoi collaboratori intercettati al telefono) al quale Cuffaro si reca senza scorta e durante il quale, in disparte ma sotto gli occhi dei presenti, il Presidente avrebbe fornito all’ingegnere nuove informazioni sulle indagini a carico suo, di Riolo e di Ciuro. Sulle modalità in cui è stato organizzato l’incontro hanno deposto in aula alcuni uomini dello staff del Presidente, confermando sostanzialmente la natura riservata dell’appuntamento. Sul contenuto dell’incontro esiste invece la registrazione di una telefonata tra Aiello e Carcione (avvenuta sulla nuova rete di utenze riservate) durante la quale l’ingegnere racconta al cugino che Cuffaro ha avuto le notizie da un «collegamento con Roma» e consiglia loro di «aprirsi gli occhi». Nel dicembre 2003 Aiello dirà ai pm che nel negozio Bertini Cuffaro gli aveva parlato di indagini nei confronti suoi, di Riolo e di Ciuro, dichiarazione che ritratterà parzialmente nel corso dell’esame dibattimentale per poi confermarla nuovamente durante l’udienza del 7 febbraio 2006. Di fronte a tutte queste accuse Salvatore Cuffaro si è sempre protestato innocente.
Cuffaro e la mafia
Fin qui le risultanze investigative che proverebbero la rivelazione di segreti d’ufficio e il favoreggiamento semplice. Perché si configuri l’aggravante del favoreggiamento alla mafia occorre ancora provare che il Presidente abbia agito consapevolmente nell’interesse di Cosa nostra o di alcuni suoi affiliati. Riferendo a Miceli delle intercettazioni, Cuffaro prevedeva di favorire il boss Guttadauro e i suoi sodali?Secondo i pubblici ministeri la risposta è indubbiamente positiva, perché nel 2001 Salvatore Cuffaro, per sua stessa ammissione, era perfettamente consapevole del rapporto d’amicizia che univa Domenico Miceli e l’uomo di Cosa nostra, così come era al corrente della condanna per mafia di quest’ultimo, «pertanto quando riceve da Borzacchelli le rivelazioni sull’indagine che ha al suo centro l’attività di Guttadauro quale capo del mandamento di Brancaccio, Cuffaro ha ben chiaro il significato di queste indagini, comprende perfettamente quello che essa può significare per questo importantissimo settore dell’organizzazione mafiosa». Secondo i pm il Presidente avrebbe comunque favorito il boss senza che la sua prestazione si iscrivesse in un esplicito accordo di reciproca utilità, e ciò escluderebbe il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Nel quadro probatorio presentato da Prestipino, De Lucia e Pignatone, pur apparendo chiaro che Miceli sia stato il candidato di Guttadauro nelle liste di Cuffaro, non vi sarebbe traccia di un patto tra il boss e il Presidente: «Se vi fosse la prova che tale candidatura era stata concordata tra Giuseppe Guttadauro, Salvatore Aragona, Domenico Miceli e Salvatore Cuffaro con l’assunzione di precisi impegni nell’interesse di Cosa nostra e la successiva attivazione di Cuffaro per la realizzazione di quanto concordato, saremmo in presenza, per ciò solo a prescindere da altre condotte poste in essere dall’imputato, di una responsabilità a titolo di concorso esterno nell’associazione mafiosa [...]. Dagli atti però non emerge la prova di alcuna concreta attivazione in questo senso di Cuffaro». Né, secondo i pm, il favore raccolto dalla politica di Cuffaro presso alcuni mafiosi, testimoniato dai collaboratori Antonino Giuffrè e Maurizio Di Gati (già boss nella provincia di Agrigento), comproverebbe l’esistenza di un «patto di scambio politico/mafioso» tra il Presidente e l’organizzazione. Ma in Procura non tutti sono d’accordo con la loro impostazione, anzi. Il pm Nino Di Matteo, ex titolare del processo “Talpe”, ha abbandonato il banco dell’accusa nel novembre del 2006, in disaccordo con i colleghi, convinto che alcuni nuovi elementi di colpevolezza raccolti a carico di Cuffaro fossero sufficienti ad aggravare l’imputazione del Presidente. Una linea, quella di Di Matteo, che era già stata del pm Gaetano Paci (che si era occupato delle prime indagini su Cuffaro) e che è condivisa da altri magistrati. Al punto che in Procura è già stata avanzata, e accolta, la richiesta per l’apertura di un’inchiesta-bis.Le tribolazioni del Presidente potrebbero quindi non finire qui. Per ora l’imputazione è rivelazione di segreti d’ufficio e favoreggiamento aggravato, ma presto Cuffaro potrebbe di nuovo essere chiamato a difendersi, questa volta dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.
Ultimora
Il 23 gennaio 2010 la Corte d'Appello di Palermo condanna Cuffaro a sette anni di reclusione per favoreggiamento aggravato nel processo 'talpe alla Dda'. Rispetto alla sentenza di primo grado la pena è stata inasprita di ulteriori due anni, con l'aggravante di aver favorito Cosa Nostra. Dopo la sentenza Cuffaro ha annunciato di lasciare ogni incarico di partito e di voler ricorrere alla Corte di Cassazione.
E' chiaro, dunque, che passerà alla storia. Anzi, ci è già passato...

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Gianni Celeste (Catania, 1964-?)

venerdì 15 gennaio 2010

L'adolescenza travagliata
Nasce nel 1964 sotto il nome di Giovanni Grasso, viene adottato da un viados di nome Bettina che grazie a numerosi sacrifici riesce a fargli frequentare la prestigiosa scuola del patchwork e del decoupage di cui ricordiamo l'inflessibile e competente direttrice Elena Santarelli.
A 13 anni gli viene diagnosticata una grave malattia degenerativa che fa avanzare il suo orologio biologico di circa 35 anni rispetto all'età effettiva, per questo oggi che Gianni ha 18 anni ne dimostra circa 75. In tutta la scienza medica non viene descritto alcun caso del genere, per questo Herman che è il primo e unico uomo afflitto da questa malattia, decide di ribattezzarla con il suo nome, ma dato che non è un luminare della medicina moderna questo non gli è permesso, verrà quindi ribattezzata dal Dr. House Sindrome come quella del film di Robin Williams, mi sembra che si chiamasse Jack'?, in cui il bambino aveva il corpo da uomo [ma questa è un'altra storia - Ndr]abbreviata sindrome di c.q.d.f.d.r.w.,m.s.c.s.c.j.?.i.c.i.b.a.i.c.d.u. A 14 anni in seguito alla morte della madre si trasferisce a Nuova York, travestendosi da donna esibendosi per pochi denari sul bancone di un lurido bar nella hall dell'hotel Hilton, infatti il film Le ragazze del coyote ugly è liberamente ispirato alla sua storia.

La ribalta
Durante una delle sue esibizioni viene notato dal noto produttore americano di origine birmana Pasquale Ciruzzo che decide di trasformarlo in una star, prima di tutto cambia il suo nome per via dell'orrendo gioco di parole che non gli avrebbe mai permesso di spopolare tra i giovani romani. Nel 2003 Pasquale riesce quindi a far comparire Gianni in una puntata di Sex and the City nel ruolo di Jogo, rabbino che dopo aver convertito Samantha a Scienthology, ha un breve flirt con lei, tuttavia gli autori non sono soddisfatti di lui e cancellano il suo personaggio dopo mezza puntata. Tanto è bastato che il giovane pubblico femminile se ne innamora e Gianni si guadagna il titolo di sex-symbol indiscusso.

L'anima glam di Gianni
In quell'anno conduce il prestigioso festival di Torre Vecchia e appare sui rotocalchi rosa per via della sua travagliata storia d'amore con Alda D'Eusanio. I suoi problemi iniziano nella primavera 2004 quando in seguito alla rottura con Alda, Gianni prende il vizio di bere e di alzare il gomito, a quel punto viene completamente bandito dalla tv, nessuno vuole nel proprio programma un'ospite che mentre beve alza il gomito, ma la botta di grazia gli arriva da Maria De filippi, sua grande amica che commenta: insomma perché un uomo dovrebbe alzare il gomito mentre beve? Insomma un po' di coordinazione! In questo periodo di lunga depressione, Gianni inizia a scrivere canzoni, inaspettatamente dalla critica e dal comune senso del buongusto il suo primo cd Male d'ammore riscuote un successo esorbitante tra i giovani bori e truzzi che si rispecchiano nei testi drammatici e sentiti, eleggendolo a stendardo della loro generazione.
Negli ultimi anni, Gianni si impegna nel sociale fondando l'associazione amici degli amici di Maria De Filippi e Massimo del Giudice detto Cavallo Basso. Il suo prossimo impegno teatrale è nell'opera il Signore dei Tranelli in cui interpreta il giovane mago Harry Potter. Purtroppo nel 2007, viene pubblicato il suo lavoro discografico Without Limits allegato a un suo sexy-calendario, causa di innumerevoli suicidi di massa.

Segni Particolari
Ha innovato una particolare tecnica di tenere in mano il microfono utilizzando solo il pollice e l'indice.

Discografia
1 Ricordo d'estate (1985)
2 Il mio cammino (1986)
3 Vol.3 (1987)
4 Vol.4 (1988)
5 Sognando Napoli (1988)
6 Poesie (1989)
7 Attimi d'amore (1990)
8 Un po' del mio cuore (1990)
9 Dieci note in riva al mare (1991)
10 Album (1992)
11 Anima (1992)
12 Stelle (1993
13 Nuvole (1993)
14 Carezze (1994)
15 Racconti (1994)
16 Profumo di... (1995)
17 Neve e... (1995)
18 Canzoni d'amore e di mala (1995)
19 Favole (1996)
20 No stop (1996)
21 Ieri e... (1997)
22 Oggi (1997)
23 Trasparente (1997)
24 I miei successi e... (1998)
25 Emozioni (1998)
26 Ciao (1998)
27 Storie (1999)
28 Passato e presente (1999)
29 For you (2000)
30 Nuovo millennio (2000)
31 Celeste canta....D'Angelo (2000)
32 I miei ricordi.... (2001)
33 Tilt (2001)
34 D'Angelo a modo mio (2001)
35 Incanto (2002)
36 Lei è donna (2002)
37 CuoreAmore (2003)
38 Reality (2003)
39 L'amante (2003)
40 I successi (2003)
41 Video collection (dvd, 2004)
42 Le donne... (2004)
43 Un angelo (2004)
44 ...Io e lui (2004) in coppia con l'artista e amico "Massimo"
45 Successi e inediti (2004)
46 Successi e inediti Vol.2 (2004)
47 Amoreneomelodico (2004)
48 Pe piacere (2004)
49 Musica & poesia (2005)
50 Storie di vita (2005)
51 Indelebile (2005)
52 Inedito (2005)
53 Raccolta di successi (2005)
54 E le sue belle canzoni (2005)
55 La storia continua (2006) in coppia con l'artista e amico "Massimo"
56 I miei pensieri (2006)
57 Without limits (2006) più calendario 2007
58 Momenti e frammenti d'amore (2006)
59 The legend (cd e dvd, 2007)
60 Emblema (2007)
61 Vado forte (2008)
62 Effetto speciale (2008)
63 Senza paragoni (2009)
64 Gianni Celeste & friends (2009)
[fonte Nonciclopedia]

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Luigi Natoli (1857-1941)

mercoledì 30 dicembre 2009

Nato a Palermo in un periodo particolarmente agitato, il piccolo Luigi, all'età di soli tre anni, non poteva certo sapere che indossare una camicia rossa lo potesse far spedire direttamente in galera. Ma così fu per colpa di una madre invasata e scellerata che, in onor di Garibaldi, accolse i Mille con un ardore talmente ardente da ardere tutta la famiglia. Le guardie borboniche, infatti, non gradirono ed eseguirono. La Vicaria li accolse come ha sempre accolto, ed accoglie ancor oggi, i suoi figli migliori e la galera segnò per sempre la sua idea di libertà e di legami parentali.
Il tempo libero, invero, favorì i suoi studi classici ed il futuro del giovane sembrava chiuso tra le pareti di un'aula scolastica. Ma la sua vocazione letteraria lo salvò da un triste destino d'insegnante: stanco di una vita da precario della Lingua Italiana, anticipò la fuga di cervelli portando il suo lontano dalla Sicilia e diventando uno scrittore di successo del genere nazional-popolare da somministrare a piccole dosi.
Vent'anni dopo, come direbbe Dumas padre, la faccenda dell'Unità d'Italia gli sviluppò talmente bene il senso dell'umorismo che il "Capitan Fracassa", predecessore illustre della nostra "Vucciria", lo vide redattore protagonista coi suoi lazzi, frizzi e sgriribizzi satirici.
Anche a quei tempi il "Giornale di Sicilia" pubblicava romanzi a puntate sulle vicende dei Governatori dell'Isola e così il nostro conquistò infine il culmine della notorietà con una inverosimile storia di gente dedita a combattere le ingiustizie, cosa che dalle nostre parti non si è mai vista. E se qualcuno ci ha provato ha fatto pure una gran brutta fine.
Ma la finzione è l'anima del romanzo e se la vita è un sogno i sogni aiutano a vivere, come direbbe a tarda sera un celeberrimo idiota contemporaneo. [Patorno]

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